Articolo tratto da www.diogeneonline.info
Nascosta dalle notizie sull’invasione russa dell’Ucraina, un’altra tragedia della migrazione si sta consumando all’interno dei confini italiani. A Lampedusa l’hotspot destinato a contenere all’incirca 500 persone è arrivato a quota 1000 ospiti, portando la struttura ai limiti del collasso e mettendo a rischio la salute dei migranti. Si tratta per la maggior parte di donne, bambini e persone con problemi di salute, sia fisica che mentale. A denunciare la situazione è Mediterranean Hope, l’organizzazione legata alla Federazione delle chiese evangeliche che accompagna i richiedenti asilo nel loro percorso di inserimento nella società italiana.
Le persone che giungono a Lampedusa di giorno rischiano la disidratazione, aspettando sotto il sole al molo Favaloro o all’interno dell’hotspot, già provate dai viaggi in mare, mentre di notte a causa delle temperature molto più basse rischiano di ammalarsi e il centro non è in grado di accogliere in condizioni umane così tanti migranti. L’isola stessa, fa notare l’organizzazione umanitaria, è sprovvista di molti servizi, rendendo l’accoglienza una vana parola, e Mediteranean Hope chiede invece soluzioni di lungo periodo per gestire il fenomeno migratorio dalla Libia e dalla Tunisia e corridoi umanitari per chi scappa da Paesi in cui vengono calpestati i diritti delle persone.
Nel mese di aprile, racconta il report mensile dell’organizzazione, sono arrivate a Lampedusa 1072 persone. Di queste, 713 sono partite dalle coste libiche mentre 359 sono partite dalla Tunisia. Rispetto ai numeri che hanno caratterizzato il mese di marzo, spiegano gli operatori di Mediterranean Hope, si è registrato un notevole aumento di arrivi con un aumento di persone partite dalla Libia. Gli approdi si sono inoltre concentrati nella seconda metà del mese, dopo un lungo periodo di maltempo e condizioni meteo-marine sfavorevoli alla navigazione. A bordo delle imbarcazioni provenienti dalla Libia le principali nazionalità presenti riguardavano Bangladesh, Egitto, Marocco, Siria, Yemen, Somalia, Etiopia, Eritrea, Mali, Burkina Faso, Guinea, Costa d’Avorio, Gambia, Liberia e Sierra Leone.
Il problema è non cadere nella trappola di contrapporre la festosa accoglienza ai profughi ucraini alle condizioni disumane in cui sono relegati i profughi provenienti da altri paesi, semmai di chiedere la stessa calorosa accoglienza per chi scappa da altre guerre e distruzioni, oltre che dalla fame.
Perchè non sono solo le coste di Lampedusa a essere prese d’assalto in queste ore ma anche quelle della Calabria. Tre giorni fa nel porto di Roccella Ionica sono sbarcate 246 persone, in prevalenza provenienti da Afghanistan, Iran e Bangladesh, grazie a tre distinte operazioni di soccorso della Guardia Costiera. Sono in prevalenza donne e bambini, alcuni dei quali con meno di 4 anni, ma sono tanti anche i minori tra i 14 e 17 anni non accompagnati. Un altro centinaio di migranti è sbarcato ieri, sempre a Roccella Ionica, grazie a un operazione di soccorso della Guardia di Finanza.
Secondo le stime di Mediterranean Hope nel 2021 hanno raggiunto Lampedusa 32.841 persone. L’incremento delle partenze di cittadini/e tunisini/e si è verificato in corrispondenza dell’aggravarsi della crisi economica e politica, inasprita dalla pandemia e sfociata nella svolta autoritaria del presidente Kais Saied del 25 luglio scorso. L’Europa sta morendo a Lampedusa, denuncia la Federazione delle chiese evangeliche, e non c’è bisogno di aderire alle chiese evangeliche per comprendere la verità del grido di denuncia con cui chiedono un piano d’azione organico dell’Unione Europea che consideri la migrazione globale non come un’emergenza ma come un processo normale e a lungo termine.